Ci sono delle volte in cui mi piacerebbe avere più tempo da dedicare a me stessa. Ultimamente, presa dai miei mille impegni universitari, non riesco a trovare del tempo per rilassarmi, per pensare serenamente ad un futuro prossimo che riguarda quella che dovrebbe essere la mia carriera una volta terminati gli studi. Quando poi provo a pensarci su ecco che l’ansia mi attanaglia: non riesco ad essere pienamente razionale, non sono in grado di pensare lucidamente alle scelte da fare, alle strade da intraprendere e così tutto mi sembra impossibile, o quasi. Seneca diceva “solo il tempo ci appartiene” e, a pensarci, è davvero così. Perché non provare a ritagliare piccoli momenti della giornata per fare qualcosa che ci piace davvero e che rilassa la nostra mente e la nostra anima? Credo che ciò sia fondamentale per affrontare giorno dopo giorno le vicissitudini che la vita ci pone dinanzi. La vita e il tempo che scorrono inesorabili sono i doni più belli che l’uomo abbia ricevuto. Questi, in quanto tali, vanno coltivati, preservati, custoditi gelosamente perché al contempo sono permeati di fragilità e caducità. La vita è meravigliosa e con essa il tempo che passa e che dà all’uomo la possibilità di migliorarsi, di crescere, di capire, di soffrire, di commettere anche degli errori…dovremmo ricordarcene più spesso e imparare a gestirli nel migliore dei modi. Finalmente, dopo tanti affanni e paura che il tempo non fosse abbastanza per ciò che volessi fare, sono riuscita a capire l’importanza di questi due imprescindibili momenti esistenziali: la vita va vissuta pienamente così come il tempo, siamo noi i loro padroni e in quanto tali, per forza capaci di sovrastarli e di godere a pieno dei loro servigi.
Pensieri
“Io sono tutte le persone che ho conosciuto. Sono tutte le storie che ho ascoltato, le case e le città che ho abitato.”
Ho sempre amato queste parole. Parole il cui significato rispecchia pienamente me stessa, le mie esperienze e le persone che ho -fortunatamente- incontrato lungo il mio cammino. Ed è davvero così: ogni persona conosciuta ha lasciato in me un pezzo di sé, chi più chi meno, ma tutti hanno contribuito a rendermi ciò che sono. Se potessi rivivrei ogni singolo istante del mio passato per ritrovare nuovamente le stesse persone che ho anche solo semplicemente incrociato nei miei vari percorsi: gli amici, quelli veri, che ho lasciato in varie parti del mondo e che mi mancano sempre di più; conoscenti che pur non conoscendomi a fondo hanno saputo aiutarmi quando ne avevo bisogno. Si, mi piacerebbe poterli ritrovare tutti in ogni strada, in ogni casa di ogni città in cui ho vissuto. Vorrei ringraziarli tutti. Il passato non si può rivivere fisicamente, ma i ricordi si, i ricordi saranno sempre senza tempo né limiti.
“Amore, eccessi e debolezze: la storia d’amore tra Zelda Sayre e Francis Scott Fitzgerald”
1918. Country Club, Montgomery. Due delle personalità più influenti e controverse della storia della letteratura americana ebbero la fortuna di incontrarsi e amarsi sin da subito: Zelda Sayre e Francis Scott Fitzgerald. Da quell’incontro nacque una meravigliosa storia d’amore, proficua anche e soprattutto in campo letterario. Sono tanti i romanzi scritti da Fitzgerald il quale, influenzato dal suo rapporto turbolento con l’amata Zelda, si getta a capofitto nella scrittura, regalandoci opere letterarie di elevato spessore: basti pensare ad uno dei capisaldi della letteratura americana “The Great Gatsby”.
Siamo nell’America degli anni ’20 del Novecento, nel cosiddetto periodo dei Roaring Twenties (i ruggenti anni venti), quando si svilupparono nuovi fenomeni in campo culturale, politico ed economico. Si tratta del periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale: forte espansionismo economico grazie soprattutto ai massicci investimenti di Wall Street; esplosione della musica jazz; importante produzione in campo letterario. Tra i più grandi scrittori dell’epoca, figura appunto Francis Scott Fitzgerald che ben descrive l’America di quei tempi in numerosi suoi romanzi tra cui “The Great Gatsby” e “The Beautiful and Damned”, nei quali si possono notare alcune tendenze dell’epoca: sfarzo, lusso, feste, eccessi, musica jazz e fervore letterario.
E’ in questo contesto che Fitzgerald trova l’amore della sua vita: Zelda Sayre. Come tutte le più belle, difficili e appassionanti storie d’amore anche la loro fu particolarmente complessa. Travagliata, tormentata, soffocante. Due personalità molto differenti tra loro che tendevano a scontrarsi ferocemente per poi amarsi ancor di più: Scott Fitzgerald, uomo molto meticoloso, ossessionato dalla scrittura e dal suo lavoro, al contempo si mostrava fragile, introflesso, tanto da vedere nell’alcool l’unico suo svago quando sopraggiungevano le incomprensioni con la moglie; Zelda al contrario, amava il caso, la futilità, la noncuranza, era soprattutto conosciuta per le sue forti tendenze anticonformiste, tanto da essere definita flapper. Potremmo pensare che due anime così differenti avessero bisogno l’uno dell’altro per completarsi. Invece, queste acute contraddizioni resero la loro storia tanto affascinante e travolgente quanto difficile e dannosa per il loro equilibrio psicofisico.
Francis Scott Fitzgerald
Si conobbero quando lei era soltanto una giovane debuttante molto corteggiata e lui un giovane militare. Scott Fitzgerald fu subito colpito dalla vitalità e dalla ribellione di Zelda, due delle sue caratteristiche più evidenti e affascinanti. Inizia la loro storia d’amore. Saranno presto considerati come una delle coppie più amate di New York, trascorrono la loro giovane, promettente e inusuale vita tra feste, sfarzo, alcool ed agio. Non va dimenticato che Scott Fitzgerald aveva cominciato a pubblicare in quegli anni articoli e romanzi che lo ripagavano con ingenti somme di denaro.
Quando sopraggiunsero gli anni del Proibizionismo in America, la giovane coppia decise di partire per l’Europa alla scoperta di nuove emozioni. I problemi tra di loro, i difetti, gli eccessi si acuirono proprio durante il loro soggiorno europeo. Scott scriveva tanto e guadagnava parecchio. Sempre più ossessionato e irrequieto, trovava sollievo nell’alcool; Zelda cominciava ad essere sempre più volubile e tormentata; la loro piccola bambina Scottie, fu lasciata alle cure della nanny perché i genitori erano troppo coinvolti nei loro piccoli drammi quotidiani. Il loro rapporto diviene sempre più altalenante: passano da momenti di amore folle e passionale a momenti di completa indifferenza. Lui, sempre più geloso e scontroso nei suoi confronti. Lei, impegnata in altre brevi e fugaci storie perché si sente sola e abbandonata dal marito.
1925. The Great Gatsby. Scott Fitzgerald si dedica completamente alla stesura di questo romanzo, proiettando in esso quelle che erano le sue paure e le angosce causate dalla sola donna che avesse mai amato, Zelda. Riporta anche le liason di Zelda con altri uomini, le sue insicurezze e, addirittura, alcune sue parole e affermazioni sono state fonte d’ispirazione per Scott. Durante il parto si dice che Zelda avesse affermato, riferendosi alla bambina: “Spero che sia bella e sciocca”. Affermazione che ben presto trova spazio nelle aspettative del personaggio del romanzo Daisy Buchanan per sua figlia.
Scott Fitzgerald sempre più impegnato con la scrittura, stringe un forte rapporto di amicizia con Ernest Hemingway, bruscamente criticato da Zelda, tanto da farle ipotizzare una storia d’amore omosessuale tra i due. Famosa è l’ossessione improvvisa di Zelda per il ballo. Forse per sopperire alla mancanza del marito, la cui unica felicità gli veniva trasmessa dalla scrittura e dall’alcool.
1930. La malattia di Zelda diventa sempre più difficile da gestire. Verrà riconosciuta la sua schizofrenia in seguito a svariati tentativi di suicidio. Comincia il suo calvario fra cliniche psichiatriche parigine e svizzere. La coppia farà ritorno negli Stati Uniti, precisamente in Alabama. Le condizioni della donna ormai peggiorate, la costringono al ricovero in ospedale. Nonostante la degenza completerà il suo unico romanzo, a tratti fortemente autobiografico “Save me the waltz”. Ciò manda su tutte le furie il marito, il quale accusa Zelda di aver reso nota la loro vita personale, cosa che in realtà anche lui aveva riportato nel romanzo “Tender is the night”, ricca di spunti autobiografici.
Scott Fitzgerald si dedica anche alla stesura di alcune sceneggiature, le quali però non vengono apprezzate ad Hollywood, conducendolo così ad una forte depressione.
1940-1948. Francis Scott Fitzgerld muore per un attacco cardiaco, dovuto anche all’uso sproporzionato di alcool. Otto anni dopo muore Zelda Sayre Fitzgerald. Si trovava ricoverata nell’ennesima clinica psichiatrica chiusa a chiave in una stanza in attesa di subire un elettroshock, quando divampò un incendio. I due sono sepolti insieme nel Maryland e sulla loro lapide è stata riportata la frase di chiusura del romanzo “The Great Gatsby”:
“So we beat on, boats against the current, borne back ceaselessly into the past. “
Riporto due degli scambi epistolari tra Scott Fitzgerald e Zelda. Questi, testimoniano l’amore, la passione e la dipendenza che l’uno aveva nei confronti dell’altro. Non riporto la traduzione in italiano perché tali lettere sono meravigliose e toccanti in lingua originale e tale bellezza voglio preservarla. Queste stesse parole non avrebbero, a mio avviso, la stessa potenza, la stessa passionalità e sensibilità tradotte, ma credo possiate trovare online traduzioni in italiano.
To Scott, by Zelda
‘Darling Heart, our fairy tale is almost ended, and we’re going to marry and live happily ever afterward just like the princess in her tower who worried you so much – and made me so very cross by her constant recurrence – I’m so sorry for all the times I’ve been mean and hateful – for all the miserable minutes I’ve caused you when we could have been so happy. You deserve so much – so very much – I think our life together will be like these last four days – and I do want to marry you – even if you do think I dread it – I wish you hadn’t said that – I’m not afraid of anything. To be afraid a person has either to be a coward or very great and big. I am neither. Besides, I know you can take much better care of me than I can, and I’ll always be very, very happy with you – except sometimes when we engage in our weekly debates – and even then I rather enjoy myself. I like being very calm and masterful, while you become emotional and sulky. I don’t care whether you think so or not – I do. […] Sweetheart – I miss you so. I love you so – and next time I’m going back with you – I’m absolutely nothing without you – just the doll that I should have been born. You’re a necessity and a luxury and a darling precious lover – and you’re going to be a husband to your wife […].’
To Scott, by Zelda
You are the only person on earth, Lover, who has ever known and loved all of me – Men love me ’cause I’m pretty – and they’re always afraid of mental wickedness – and men love me ’cause I’m clever, and they’re always afraid of my prettiness – One or two have even loved me ’cause I’m lovable, and then of course I was acting – But you just do, darling – and I do – very very very much […].
[…] Maybe I’m getting tired – I can’t think of anything but nights with you. I want them warm and silvery – when we can be together all our lives – which will probably be long, as I’ve recovered from the cough, much to my disgust. I don’t want you to see me growing old and ugly – I know you’ll be a beautiful old man – romantic and dreamy – and I’ll probably be most prosaic and wrinkled – we will just have to die when we’re 30 […].’
Antonia
Nostalgia
Oggi è uno di quei pomeriggi in cui non riesco a non pensare a Londra, città che da sempre porto nel mio cuore. Non riesco a non pensare ai posti visitati, alle strade percorse, alle persone incontrate lungo il mio cammino. Ho nostalgia, nostalgia della mia vita lì, delle mie amicizie, di Camden Town, del non-caffè di Caffè nero, dei parchi, degli autobus a due piani, dei fine settimana che aspettavo con tanta foga, della pioggia, del tempo così troppo mutevole, delle mie letture a Regent’s Park a due passi dalla mia vecchia casa. Ho nostalgia della mia vita londinese. Non passa un giorno che non dedichi un pensiero a quella città e sorrido. Sorrido perché la felicità che Londra ha saputo darmi non mi è stata trasmessa da nessun’altra città in cui ho vissuto.
Vivere lì non è stato così semplice, anzi tutt’altro. E’ una città immensa, stancante, costosa. Vivere a Londra mi rendeva entusiasta, ma gli ultimi mesi della mia permanenza sono stati davvero difficili, tra lavoro, volontariato e studio. Era un periodo di mille dubbi: “continuare a vivere a Londra?!” o “tornare in Italia e frequentare la specialistica?!”. E poi…si, questa è stata la mia scelta finale. Dovevo sentirmi completa e concludere il mio percorso di studio. Adesso, dopo quasi due anni che ho lasciato Londra, posso dire di aver fatto la scelta giusta. Magari un domani ritornerò a vivere lì. La vita riserva sempre tante sorprese!
Ma si, il mio cuore l’ho lasciato in quei posti, per me meravigliosi. Ero bambina e non facevo altro che ripetere che la mia città preferita fosse Londra, pur non avendola mai vista. Sono passati vent’anni e nulla è cambiato. Ho avuto la possibilità di viverci, vi faccio ritorno ogni anno, e ogni volta la amo un po’ di più.
Qui in basso è riportato un estratto del film “The hours”, quando Virginia Woolf dice al marito, Leonard Woolf, di voler ritornare a Londra. La sua città. La città che tanto amava. Ecco, talvolta la mia mancanza di Londra è paragonabile allo stato della scrittrice londinese:
I’ve endured this custody. I’ve endured this imprisonment. I am attended by doctors. Everywhere. I am attended by doctors who inform me of my own interests. They do not speak for my interests. My life has been stolen from me. I’m living in a town I have no wish to live in. I’m living a life I have no wish to live. How did this happen? It is time for us to move back to London. I miss London. I miss London life. I’m dying in this town.
Antonia
Today is one of those days that makes me think about London. The city that I keep in my heart. I cannot stop thinking about the British places in which i have been; the people i have met while i lived in London. I have nostalgia, nostalgia for my life there, nostalgia for my friends, for the things I miss the most: Camden Town (my favourite place ever); the “non-coffee” in Caffè Nero; parks; double-decker buses; week ends that I waited with so much excitement; rain; even the British weather that is so much changeable; my readings in Regent’s Park close to my old house. I always spare a thought for that city and I smile. Exactly, I smile because London gave me so much happiness more than any other city in which i have lived so far.
The life there was not that easy. It’s such a big, tiring and expensive city. Anyway I was so happy to live there, it was kind of a dream, but the last months spent in London were exhausting, I had so many things to handle. It was a period full of doubts: “Do I have to go back to Italy? Do I have to keep studying in Italy or in England?” Fortunately, I have no regrets about my last decision: I am very happy to study in Italy. Maybe one day I will go back there. Who knows!
I have left my heart there, in those fantastic places. I was only a child, I was 6 years old (yeah I still remember that) and I kept saying that my favourite city was London, even though I had never been there. After twenty years nothing has changed. I had the chance to live in London, I go back there every year and each time I love it a little more.
This is an extract from the movie “The hours” when Virginia Woolf says to her husband, Leonard Woolf, how much she loves London. Sometimes, when I feel nostalgic I can compare myself to Virginia Woolf. I have the same feelings for London. The same.
I’ve endured this custody. I’ve endured this imprisonment. I am attended by doctors. Everywhere. I am attended by doctors who inform me of my own interests. They do not speak for my interests. My life has been stolen from me. I’m living in a town I have no wish to live in. I’m living a life I have no wish to live. How did this happen? It is time for us to move back to London. I miss London. I miss London life. I’m dying in this town.
Antonia